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Da Roma al confine libico: la carovana Uniti per la libertà attraversa la Tunisia
di Ylenia Sina
È partita giovedì scorso (7 aprile) da Roma la carovana Uniti per la libertà (ritorno previsto 11 aprile). Destinazione Ras Jadir, nel sud est della Tunisia, a soli 8 chilometri dalla frontiera libica per portare medicinali, strumentazioni mediche, fondi e tanta solidarietà ai profughi in fuga da una Libia in guerra. In tutto una sessantina di attivisti hanno preso parte alla “spedizione” solidale promossa e organizzata dall’Ambasciata dei Diritti – Marche, dall’associazioni Ya Basta e dai Centri sociali delle Marche a cui hanno aderito varie realtà, dai Centri sociali del nord est alla romana Action, dagli studenti di Unicommon fino ad arrivare a realtà di Cosenza, Napoli e Parma.
Questa la composizione della delegazione che raggiungerà il campo profughi di Ras Jadir. Una Lampedusa del deserto che dall’inizio della guerra sta accogliendo migliaia di profughi: libici, somali, eritrei e ghanesi scappati da una Libia in cui lavoravano o, secondo quanto riportano gli attivisti, dal paese in cui sono rimasti “intrappolati dopo l’accordo Italia-Libia”. Come raccontano gli attivisti di Uniti per la libertà “trovarsi in un campo profughi ai margini della Libia non è una sfortunata casualità: è un pezzo della guerra che consuma vite e speranze. Così come un pezzo della guerra è Lampedusa, trasformata in un carcere a cielo aperto”.
A guidare la carovana da Tunisi, in un viaggio di 600 chilometri verso Cita Benghardane, provincia di Tataouine, fino a Ras Jadir al confine con la Libia, l’associazione Mezzaluna Rossa che lavora nel campo e distribuisce i pasti. Secondo quanto denuncia l’associazione mancano medicinali, strumentazioni mediche e chirurgiche, latte per i bambini. Una vera e proprie emergenza umanitaria. Stando ai numeri riportati dai giornali la migrazione ha assunto proporzioni di gran lunga maggiori rispetto a quelle che si trova a fronteggiare l’Italia: “la Tunisia, nonostante non sia un paese ricco e si trovi ora in una situazione particolarmente problematica, ha accolto decine di migliaia di profughi libici (si dice circa 200mila) mentre l’Italia ha trattato in maniera disumana e senza alcuna pianificazione dell’accoglienza i 20mila migranti tunisini arrivati fino ad ora” scrivono da Esc Infomigrante Roma. Una solidarietà, quella del popolo tunisino nei confronti degli uomini e delle donne che cercano di sottrarsi alla guerra, che prende il via da realtà non governative che le rivolte dei mesi scorsi hanno permesso di creare. Come spiegano gli attivisti in Tunisia “non esistono ancora associazioni formalizzate perché fino al 20 gennaio era vietato costituirle”.
Così gruppi spontanei di studenti, docenti, lavoratori, medici e avvocati si sono organizzati in maniera autonoma per aiutare materialmente chi soggiorna nel campo profughi reperendo il materiale di prima necessità ma anche sperimentando “forme di cooperazione dal basso” rese possibili dalle rivolte dei mesi scorsi. “Oggi più che mai” spiegano dalla carovana “contro ogni retorica della e sulla guerra il nostro “Stop ai bombardamenti!” passa attraverso una battaglia “senza se e senza ma” sui diritti dei migranti e dei profughi, sul diritto di asilo europeo, sul diritto al soggiorno, alla libertà di stanziamento ed all’accoglienza dignitosa”.
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