Domande e mezze verità alla presentazione romana di “Nessuna pietà per Pasolini”
Alla presentazione dell’ultimo libro sul caso Pasolini, si è presentato Pelosi in persona, rivelando dettagli della fatidica notte del novembre 1975
Gli interrogativi sulla morte di Pasolini non sembrano trovare una risposta definitiva capace di fare luce una volta per tutte sul tragico episodio della notte tra il 1 e 2 novembre del 1975. La sentenza passata in giudicato che condannò Giuseppe Pelosi a 9 anni e sette mesi di reclusione quale unico assassino di Pier Paolo Pasolini sembra oggi da rivedere, in quanto basata su una ricostruzione dei fatti inattendibile.
Questo è quanto emerso dalla nuova confessione di Pelosi, rilasciata nel febbraio del 2009, nella quale il reo confesso dichiarava, a distanza di trent’anni dall’omicidio, di non aver commesso il delitto e di aver quindi confessato perché così gli era stato imposto dai veri colpevoli, sotto minaccia di pesanti ritorsioni contro di lui e la sua famiglia. Una confessione viziata, insomma, da non considerare come elemento di prova. Chi sono stati i veri responsabili dell’omicidio, quale il movente e soprattutto, chi erano i mandanti?
Erano questi gli interrogativi alla base della conferenza tenuta presso la libreria Mondadori di via Piave, a Roma, il 19 dicembre 2011, in occasione della presentazione del libro Nessuna pietà per Pasolini, scritto dalla criminologa Simona Ruffini, dall’avvocato Stefano Mazzoni e dal giornalista Walter Rizzo.
Dopo una breve introduzione in cui si affermava che Pino Pelosi “aveva mentivo ogni volta che aveva aperto bocca”, è intervenuto Pelosi in persona, affermando con irruenza che giudicarlo come un “Giuda iscariota” è ingiusto, in quanto aveva ritrattato una sola volta la deposizione assunta agli atti nel 1976, deposizione, come si è visto, viziata da minacce e da violenze su un ragazzo che allora non aveva neppure 18 anni.
All’incontro era presente anche Walter Veltroni, il quale, nel tempo riservato al suo intervento, ha voluto rivolgere a Pelosi alcune domande che hanno sollevato importanti questioni, pur non riuscendo a fare chiarezza definitiva sulle vicende. Due elementi sono emersi dalle risposte di Pelosi:
Il primo è una la conferma dei fatti così come ricostruiti nel febbraio 2009. Secondo questa versione Pelosi è del tutto estraneo al delitto. Si trovava con Pasolini all’idroscalo di Ostia dove erano giunti dopo una cena all’osteria Biondo Tevere. Dopo aver avuto un rapporto sessuale nell’auto dello scrittore, Pelosi era andato verso l’acqua quando si accorse della presenza dei fratelli Borsellino (due personaggi legati agli ambienti neo fascisti romani dell’epoca) e del sopraggiungere di un’auto con a bordo tre persone. Una di queste tre persone andò da lui, lo prese per la gola, mentre gli altri due prelevarono a forza Pasolini dalla sua auto e lo uccisero. Pelosi sentì le urla dello scrittore affievolirsi: “Mamma mia, mamma mia” e poi più niente. L’uomo con la barba lo colpì più volte al volto e lo minacciò di non raccontare ciò che aveva visto: “pensa alla famiglia”, gli avrebbe detto andando via.
Il secondo elemento importante che è emerso dall’intervista di Veltroni a Pelosi è quello che fa riferimento alla presenza o meno di persone che hanno a che fare con l’omicidio Pasolini (che siano i mandanti o gli esecutori materiali). Alla domanda di Veltroni rivolta a Pelosi in cui chiedeva: “non è che lei ha ancora paura? Perché lei fa i nomi di persone che non ci sono più (il riferimento è ai fratelli Borselino) e non fa nessun nome di persona che c’è. Non è che lei ha ancora paura?”, Pelosi ha risposto con un evasivo: “può darsi”. E dopo il tentativo a mio avviso impietoso ed egocentrico di Walter Rizzo di estorcere un’improbabile confessione a Pelosi (impietosa anche per l’opportunismo dimostrato, tutta volta a tirar fuori uno scoop epocale e improbabile da una situazione favorevole:“di che ha paura?” ha chiesto a Pelosi, “di che ha paura, ce lo dica perché così farebbe giustizia a Pasolini. Lei dice che è amico di Pasolini. Io le credo, è possibile, l’unica persona che lo può smentire è Pasolini, quindi le credo. Allora se lei era amico di Pasolini ce lo vuole dire una volta per tutte di chi cavolo ha paura?”), Veltroni ha ripreso la parola esprimendo il desiderio meno megalomane di sapere “se lei sente che c’è ancora qualcuno in giro che potrebbe fare delle rappresaglie nei confronti di chi dicesse la verità”.
A questa domanda, per la prima volta dalla morte di Pasolini, Pelosi ha risposto dicendo “ni”, ovvero lasciando sospesa un’incertezza che ha il sapore della confessione. Chi ha ucciso Pasolini, o chi ha voluto la sua morte, è ancora in vita ed è capace di mantenere il pesante velo di omertà sulle vicende accadute, sulla realtà dei fatti.